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Gianni Mura
La Repubblica 7/7/99



" Quei giochi meschini su Brera"

ARENA e Brera, a quanto pare si risolve in un Palabrera. Una decisione che poteva essere accettata, se presa in altri tempi e modi. Così no, così è troppo, così non va giù. Questo è uno scippo legalizzato. A Massimo De Carolis, presidente del Consiglio comunale, va riconosciuto di aver pilotato la sua livorosa barchetta meschinetta senza un'esitazione né un mutamento di rotta. Per lui Brera era "un ubriacone che beveva pessimo vino", che ragione c'era d'intitolargli l'Arena? Ci sarebbe da chiedergli perché, allora, il Palasport. Ha una risposta? Da molto tempo si era aperto il dibattito sull'argomento. Abbiamo pubblicato nelle pagine milanesi una serie d'interventi, d' adesione di milanesi famosi e no. Il sindaco Albertini aveva infine assunto un pubblico impegno con una lettera dai toni molto chiari, non equivocabili. O quest'uomo a esser buoni, soffre di amnesie e ha molte facce (e allora sarebbe meglio se si occupasse d 'altro. Oppure in questa storia troppo lunga si merita due aggettivi: bugiardo e incapace.

Bugiardo perché nessuno lo obbligava a sbandierare a voce e per iscritto un impegno che mai ha profuso. Incapace perché le sue assenze-presenze, i suoi girotondi hanno influito pesantemente. Quando si esce perdenti da un confronto con De Carolis sarebbe il caso di preoccuparsi. Ma questi non sono affari miei . Sono affari miei, e dei tanti cittadini milanesi favorevoli con la testa e con il cuore all'Arena-Brera, i tempi e i modi con cui è stata liquidata la questione. La discussione, prevista per la sera di lunedì 29, è slittata a lunedì 5 luglio. In seconda convocazione bastano quattro consiglieri per deliberare. In un remake disneyano, erano otto, De Carolis e i sette nani. Una fulminea votazione: sette a favore del Palasport e un astenuto. Palabrera varato, Arena e soprattutto, Albertini) affondati. Il livello è questo. Non solo erano 8 (il sindaco e gli altri 54 consiglieri, a quell'ora, in altre faccende affaccendati), ma di una puntualità cronometrica. Hanno spaccato il secondo, come non era mai successo prima. "D'ora in poi sarà sempre così", ha dichiarato con fermezza De Carolis, ormai in porto con la sua barchetta meschinetta livorosa. Ma guarda che combinazione, ma guarda che inflessibilità. Tutto pulito, tutto regolare. Cippirimerlo. Questa inconsueta rapidità rende inutile in quanto irricevibile, la proposta pro-Arena dell'opposizione, che raccoglieva non poche adesioni anche nella maggioranza.

Ora, a me pare che l'opposizione potrebbe far meglio il suo mestiere. Se conosci De Carolis e fai politica, devi prevedere le sue mosse. Se la convocazione è alle 17, devi presentarti prima. Poi il latte versato, il Palasport intitolato e tecnicamente dell'Arena non si parla più. Evitare la discussione sull'Arena significa evitare il confronto con quella parte di cittadini milanesi che lo aveva chiesto, con nome e cognome e sulla spinta di una memoria, di una gratitudine e di una stima che De Carolis non è certo obbligato ad avere, ma di cui era doveroso tener conto, accettando il voto di un Consiglio più rappresentativo, non quello emerso da un gruppetto che non sai se definire carbonaro o di rubagalline. Fra l'altro, continuo a chiedermi quanto sia regolare la decisione d'intitolare a qualcuno un impianto che non c'è, e nemmeno si sa quando ci sarà. Non sarà la dedica di un impianto sportivo in più o in meno a cambiare la storia di Milano, né l'immagine di Brera. Ma sono anche questi atteggiamenti da padroncino, questi metodi, lo squallore del rito che si è consumato a togliere ogni peso e significato anche alla dedica del Palasport. Che tristezza.


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